Gozzini Ferruccio

Data di Nascita18 dicembre 1873
Luogo di NascitaPisa
Data di Morte21 aprile 1943
Luogo di MorteFirenze
Professionemedico chirurgo, poi commerciante
Campagne militariSpedizione garibaldina di Grecia (1897), Prima guerra mondiale (1915-1918)

Figlio di Oreste, già volontario garibaldino, e Gemma Taddei. Ferruccio (detto Bruto) come il fratello Ricciotti, ricevette in dote un nome significativo: egli venne chiamato così in onore del condottiero fiorentino Francesco Ferrucci (1489-1530), mentre il nome del fratello richiamava il cognome di Nicola Ricciotti (1797-1844), fucilato dai borbonici nel 1844 assieme ai fratelli Bandiera ed altri compagni.

Fin da giovanissimo, Gozzini militò nelle file socialiste, essendo stato membro dell’Unione Socialista Fiorentina sciolta nell’ottobre 1894 per ordine del Ministero dell’Interno. Fu in questa occasione che le autorità di pubblica sicurezza locali lo schedarono, aprendo un fascicolo a suo nome in quanto persona pericolosa per l’ordine dello Stato. Nel cenno biografico del 22 giugno 1897, redatto dalla Prefettura di Firenze poco dopo il suo rientro dalla Grecia, Gozzini venne descritto come una persona “franca, energica e risoluta”, di «molta educazione, assai intelligenza e cultura», che frequentava i compagni di partito e si teneva aggiornato sulle questioni politiche leggendo “La Lotta di Classe” di Milano e la “Martinella” di Colle Val d’Elsa.
Nel 1897, in occasione dei primi fermenti in favore degli insorti cretesi, il fratello di Ferruccio, Ricciotti, entrò a far parte del comitato esecutivo del Comitato Universitario “Pro Candia”. A quel tempo anche Ferruccio frequentava l’Università, giunto com’era al secondo anno del corso di studi in chimica.
Fattasi sempre più alta la tensione fra il regno di Atene e l’Impero ottomano, con agenti garibaldini che in molte parti d’Italia stavano favorendo arruolamenti volontari per combattere al fianco dell’esercito ellenico, Gozzini decise di partire alla volta della Grecia. Il 4 marzo 1897, assieme ad altri sette studenti, lasciò la città per Brindisi: di questo gruppo, almeno due persone (lo stesso Gozzini e Cino Ceni) erano in possesso di una lettera di presentazione di Pompeo Ciotti per Nicola Barbato, uno dei leader dei Fasci Siciliani (e per questo sottoposto a processo militare soltanto tre anni prima) che all’epoca stava combattendo con alcuni suoi compagni di Piana degli Albanesi al fianco degli insorti candiotti. Dopo due giorni di attesa, il gruppo di Gozzini si imbarcò alla volta di Corfù, a bordo del vapore “Scilla”.
Sbarcati a Corfù, Gozzini e compagni vennero fatti però proseguire alla volta di Atene: là infatti il governo ellenico ed i comitati segreti rivoluzionari avrebbero fornito loro le armi e i mezzi necessari per combattere a Creta. Giunti nella capitale il 9 marzo, là vennero informati che era impossibile raggiungere l’isola, poiché un blocco navale internazionale aveva interrotto qualsiasi linea di comunicazione sia in entrata che in uscita da Candia. Inoltre, le notizie che arrivavano da laggiù testimoniavano gravi carenze di viveri e munizioni tra le file degli insorti, i quali ormai contavano unicamente sullo scoppio delle ostilità fra Grecia e Turchia nel continente.
A sbloccare la situazione interlocutoria per i volontari italiani bloccati ad Atene fu l’arrivo di Amilcare Cipriani, attorno al quale si coagularono decine di persone, fra cui i componenti del gruppo toscano a cui afferiva anche Gozzini. Attorno all’antico colonnello della Comune si costituì pertanto una “Legione” (che arrivò a toccare nel corso del tempo i 78 aderenti) il cui obiettivo fu infine quello di creare un casus belli al confine macedone. Gozzini fu inquadrato nel 2° plotone di questo reparto, che lasciò Atene il 19 marzo. Dopo una lunga serie di marce e contromarce, che non fecero altro che disperdere le energie dei legionari ed alimentare la diffidenza verso Cipriani, il 9 aprile il reparto, assieme ad una banda di insorti macedoni, sconfinò nell’Impero ottomano all’altezza del colle di Cacopleveri (di fronte all’abitato di Baltino). A circa millecinquecento metri di altitudine, dormendo senza alcuna protezione dalla neve e dall’acqua, che ancora cadevano copiose, i legionari assediarono per tre giorni una casamatta con pochissimi viveri a disposizione. La notte dell’11 aprile gli assediati fecero saltare l’edificio lasciando il paese di Baltino, che fu occupato dagli assedianti. In questo frangente giunse l’ordine di Cipriani di portare in salvo i malati, fra i quali figurava anche Gozzini, afflitto da forti dolori reumatici alle gambe a causa del «freddo indiavolato» patito in quei giorni. Egli però, una volta fatto ritorno ad Atene, scelse – al pari di altri “legionari” – di continuare il proprio impegno volontaristico nelle file garibaldine: egli venne così inquadrato nella 2a Compagnia del I Battaglione, guidato dal nizzardo Luciano Mereu, che aveva già combattuto a Creta trent’anni prima, nel 1866-67. Il Battaglione “Mereu” fu protagonista il 17 maggio alla battaglia di Domokos, l’ultima prima della conclusione della guerra, durante la quale lo stesso Gozzini rimase ferito. Egli ritornò a Firenze il 2 giugno successivo, assieme ad alcuni compagni con cui era partito: Giuseppe Belli, Cino Ceni ed il sardo Pietro Marogna, oltre a Serse Alessandri. I cinque furono accolti alla stazione di Firenze da circa 150 fra parenti e amici.
Al ritorno in Italia di Cipriani, rimasto anch’egli ferito a Domokos dopo che si era unito ai reparti garibaldini, Gozzini prese parte ad una “bicchierata” in suo onore presso il Caffè Gambrinus. In quei mesi, inoltre, operò alacremente per raccogliere firme in favore della «liberazione dei condannati politici del maggio 1898».
In quello stesso 1898, al fine di sostituire il fratello Ricciotti alla chiamata di leva, Gozzini rilasciò una dichiarazione al Questore di Firenze in cui negava di essere mai stato iscritto ad un partito politico, dopo essere stato interrogato in merito dall’Ispettore di pubblica sicurezza di Santa Croce. Molto probabilmente, ciò si rese necessario affinché il suo arruolamento per surrogare il fratello venisse avallato dalle autorità, cosa che effettivamente si verificò: egli così prestò servizio volontario per un anno nelle file del 19° Reggimento di Artiglieria, assurgendo dapprima al grado di Caporale, quindi a quello di Sergente.
Nei primi anni del Novecento (probabilmente attorno al 1910) transitò dalle file socialiste a quelle repubblicane, impegnandosi inoltre nella compagnia di Pubblica Assistenza del quartiere di S. Jacopino. Nel frattempo, dopo essersi laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Siena nel 1906, cominciò a dedicarsi alla professione, grazie alla quale raggiunse negli anni successivi una «buona» posizione economica.
Durante il primo conflitto mondiale servì nel R. Esercito in qualità di ufficiale medico: fu richiamato in servizio nel novembre del 1915 quindi, nel luglio dell’anno successivo, fu nominato Tenente medico di complemento ed assegnato alla Direzione di Sanità Militare di Firenze, che lo destinò all’Ospedale Militare cittadino. Fu congedato nel gennaio 1919. Tre anni dopo, nel 1922, su sua domanda fu iscritto nel ruolo degli ufficiali medici di riserva. Nel 1940 sarebbe asceso fino al grado di Maggiore, dopo che nel 1926 fu promosso Capitano, assumendo quindi la qualifica di primo capitano otto anni dopo.
Dopo la guerra abbandonò la carriera medica per perseguire quella commerciale: nel 1923 risultava infatti proprietario di una fabbrica di calzature, la “Fortini e Gozzini”, che aveva sede al n. 100 di Borgo Allegri e che abitualmente teneva un banco in Piazza dei Cerchi.
L’ascesa del regime fascista occorse in un momento in cui Gozzini pareva non occuparsi più di politica, nonostante la Questura di Firenze fosse informata di una sua sovvenzione mensile di 25 lire in favore del partito al potere. Inoltre, nel 1932 aveva preso la tessera: allo stesso tempo, figurava come membro del Sindacato fascista medici della fondiaria e dell’Associazione Nazionale Ufficiali in Congedo. Due anni dopo, nel 1934, fu nominato vice-presidente della sezione fiorentina della Federazione Nazionale Volontari Garibaldini (a quel tempo presieduta dal conte Mario Gigliucci). Contempraneamente assunse la presidenza regionale del sodalizio tra garibaldini e reduci della Brigata “Alpi”. Uno dei primissimi incarichi svolti da Gozzini in qualità di vice-presidente della sezione garibaldina fu quello di guidare i propri commilitoni in occasione dell’usuale celebrazione del 2 novembre presso il Quadrato di Trespiano, in occasione della quale venne inaugurata una seconda lapide (apposta su una parete del cippo della bandiera) «Alla memoria / dei / volontari garibaldini / sepolti in Firenze / fuori del Sacrario».
Sul versante familiare, sposò Carmen Velatini (o Veladini), la quale nel 1942 era segretaria del gruppo rionale “Dante Rossi”.
Morì all’età di 69 anni.

A.S.

FONTI e BIBLIOGRAFIA:G. Cavaciocchi, La Compagnia della Morte. Ricordi di un volontario della Legione Cipriani, Napoli, Ettore Croce – editore 1898; R. Garibaldi, La Camicia Rossa nella guerra greco-turca 1897, Roma, Tipografia Cooperativa Sociale 1899, p. 312; G. Papi, La guerra greco-turca. Note ed impressioni di un volontario garibaldino della colonna Mereu, Casalbordino, Stabilimento N. De Arcangelis 1898, p. 40; G. R. Serrantoni, E. Tamburini, Alla campagna di Grecia. Aprile-maggio 1897, Imola, dai Tipi della Lega Tipografica 1897, p. 48; L’omaggio delle Camicie Rosse fiorentine ai camerati sepolti nel Cimitero di Trespiano in “Camicia Rossa. Rassegna mensile di pensiero e azione”, n. 11 (1934), p. 256; Archivio di Stato di Firenze, Questura di Firenze: “Atti di Polizia” (1871-1898), b. 30, fasc. “Agitazione «Pro Candia»” (1897); Gabinetto (versamento 1992), “A8”, fasc. “Gozzini Ferruccio detto Bruto” (1894-1943); Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Direzione Generale per il Personale Militare, Stato di Servizio di Gozzini Ferruccio di Oreste. Scheda redatta il 10 agosto 2021.