Il Monumento ai Garibaldini
caduti in Balcania
Di fronte alla “Cripta degli Eroi Caduti in guerra”, un cenotafio eretto nel 1925 in ricordo dei soldati morti nel primo conflitto mondiale, si erge la stele scolpita da Ezio Nelli e dedicata «Ai Garibaldini caduti in Balcania / 8.9.1943 – 8.5.1945». Essa fu commissionata nel 1946 allo scultore e professore carrarino dai superstiti della Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi” (riorganizzata in Reggimento dopo il suo rientro in Italia nel marzo 1945) e dalla sezione regionale toscana della neo-costituita Associazione Nazionale Reduci Garibaldini (la futura ANVRG). La volontà immediata dei partigiani superstiti dalla campagna jugoslava di voler commemorare i propri commilitoni caduti durante diciotto mesi di guerriglia e di terribili patimenti fisici e morali rispondeva a quell’«urgenza», più volte segnalata dalla storiografia, di voler «rendere pubblico il ricordo degli eventi bellici»: è per questo che immediatamente dopo la fine del conflitto furono gli stessi partigiani, per tramite delle loro associazioni, o i familiari dei caduti, a farsi committenti delle prime “memorie di pietra” della Seconda guerra mondiale.
Il monumento collettivo di Trespiano, scolpito in marmo di Carrara, è stato definito «tradizionale» nella sua concezione e nel suo stile, in quanto rappresenta i fatti illustrati come un’«epopea»: secondo Gino Salvagnini «di qui a poco si preferirà interpretare la guerra come inutile macello, ed anziché la “bellezza” consolante della gloria si offrirà allo spettatore la “bruttezza” dell’orrore e dell’errore». Nel 1946, però, si era ancora in piena continuità con i tradizionali linguaggi monumentali del periodo interbellico. La possente stele di marmo (160×240 cm) scolpita da Nelli rimanda come detto all’epopea risorgimentale, presentando un fante e un alpino, simboleggianti rispettivamente i combattenti delle Divisioni “Venezia” (fanteria) e “Taurinense” (alpini), che sarebbero poi confluite nella Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi”, mentre – in un paesaggio montano – corrono verso il nemico con le armi in pugno. A dominare la scena è però, alla destra dello spettatore, un busto di Garibaldi. Sul retro della stele è presente invece una citazione di Giuseppe Mazzini tratta dal capitolo settimo dei Doveri dell’Uomo, dedicato ai «Doveri verso sé stessi»: «Noi amavamo la vita / Amavamo esseri che ce la facevano cara / e che ci supplicavano di cedere / Tutti gli impulsi del nostro core dicevano vivi[!] / a ciascuno di noi / Ma per la salute delle generazioni avvenire / scegliemmo morire».
Come accennato in precedenza, Nelli (1909-1999) oltre ad essere scultore insegnò per quasi quarant’anni presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, dal 1936 al 1975. Certamente degno di nota, oltre alla stele di Trespiano, è il suo “Cararia” (Carrara, 1965), un imponente monumento marmoreo dedicato all’anarchico e sindacalista Alberto Meschi (1879-1958), segretario della Camera del Lavoro cittadina dal 1911 e combattente in Spagna nel 1936 nelle file della Colonna Rosselli.
Nelle parole dell’ultimo comandante della “Garibaldi”, il tenente colonnello (poi colonnello) Carlo Ravnich, la stele di Trespiano, «vera opera d’arte, [fu innalzata] a onore e ricordo imperituri di tutti coloro che per santa passione di vera libertà e amor di patria, generosamente fecero olocausto delle loro giovani vite sull’altare dei martiri». Un Comitato organizzatore promosso dai superstiti della Divisione (che «sentono di dovere» un ricordo ai loro commilitoni che caddero «nella radiosa luminosità dell’idea comune») assunse l’onere delle spese. Poiché però sprovvisto di mezzi economici propri, al fine di raggiungere la cifra necessaria il Comitato domandò un «obolo di solidarietà a tutti coloro che possono capire il significato di questa opera “tributo di riconoscenza”»: furono proprio i garibaldini reduci dai Balcani i primi a devolvere «ciascuno nella misura del possibile» per raggiungere quanto prima un quantitativo di denaro sufficiente all’acquisto del marmo, al pagamento delle maestranze e di tutti gli oneri accessori. Numerosi appelli vennero quindi rivolti alla cittadinanza fiorentina, che «più d’ogni altra, è legata da vincolo ideale alla eroica memoria dei Caduti della Divisione Italiana “Garibaldi” di Jugoslavia», la quale originò da quella Divisione “Venezia” che aveva sede a Firenze e che perciò era costituita in gran parte da soldati fiorentini e toscani. Inviti furono infine rivolti ad istituti bancari e realtà industriali del territorio. Le oblazioni dovevano essere inviate all’attenzione dell’Ufficio Storico e Statistico della Divisione “Garibaldi” oppure alla sezione fiorentina dell’ANRG di piazza San Martino 1 (ovvero la Torre della Castagna, i cui locali ospitano ancora oggi i garibaldini del capoluogo toscano). Ad ogni oblatore sarebbe stata donata una fotografia del monumento siglata dallo stesso Ravnich. A lavori ultimati, i costi complessivi sarebbero ammontati a 294.271 lire (cifra comprensiva dell’acquisto del materiale e dell’esecuzione artistica del monumento, della costruzione del basamento e della sua sistemazione a Trespiano, della trasferta e manodopera degli operai nonché delle fotografie per gli oblatori), mentre al giugno 1947 la cifra raccolta dalla colletta – che proseguì per almeno un anno, stando a quanto pubblicato puntualmente sulle colonne de “La Voce Garibaldina”, organo dell’ANRG – aveva toccato le 145.125,60 lire.
Il 10 ottobre 1946 fu comunicata al Sindaco di Firenze l’intenzione di tenere una messa al campo in suffragio ai caduti di tutte le guerre, e specialmente di quelli caduti nei Balcani durante l’ultimo conflitto, immolatisi «nel nome d’Italia e della Libertà»: a quel tempo, il monumento era ancora in via di completamento da parte del prof. Nelli, pertanto si metteva in chiaro che, se il lavoro fosse stato ultimato in tempo, si sarebbe parimenti proceduti all’inaugurazione di un «artistico monumento in memoria dei diciottomila garibaldini caduti in Balcania nella Guerra di Liberazione». Una comunicazione positiva in tal senso, con relativa richiesta di autorizzazione all’ufficio tecnico del Comune per la posa della stele all’interno del Quadrato delle Camicie Rosse, fu inviata al Sindaco Gaetano Pieraccini sedici giorni dopo.
La cerimonia del 2 novembre fu solennemente annunciata sulla prima pagina de “La Voce Garibaldina” del 30 ottobre: «Garibaldini! Il 2 Novembre al Camposanto di Trespiano verrà inaugurato un monumento marmoreo alla memoria dei commilitoni eroicamente caduti in terra jugoslava a difesa della Patria e della libertà. Presenzieranno Autorità Militari e Civili ed una folta rappresentanza armata dell’Esercito. I morti si onorano soltanto ricordandoli». Nell’invito firmato dal consiglio direttivo della sezione regionale toscana dell’ANRG si sottolineava come la cerimonia sarebbe stata «semplice, ma non per questo meno austera», rimarcando inoltre come i caduti nei Balcani si fossero sacrificati «per la libertà di tutti i popoli. Dalle loro tombe senza fiori e senza lacrime, disseminate lungo i sentieri impervi della Bosnia, dell’Erzegovina, della Serbia, del Montenegro, dell’Albania si levano oggi i Nostri Morti, i Nostri Eroi, e guardano all’Italia e agli italiani perché siano degni del loro sacrificio».
Il programma dell’inaugurazione iniziò alle ore 8 del mattino, con il ritrovo dei garibaldini in piazza della Libertà da dove, grazie ad alcuni veicoli forniti dal comando militare territoriale di Firenze, le camicie rosse ed i familiari dei caduti nella guerra appena conclusa poterono compiere il tragitto di sette chilometri che separa il centro cittadino dal Cimitero comunale di Trespiano. La mattinata, nebbiosa, agli occhi del cronista de “La Voce Garibaldina” ravvivava «il ricordo ed il dolore», anche se al contempo permetteva il sorgere di più sentiti «pensieri di pace e di bontà». Il palcoscenico della cerimonia fu la terrazza sovrastante la “Cripta degli Eroi”, che si affaccia proprio sul Quadrato dei garibaldini: un altare, paludato di nero e sormontato dal tricolore, con accanto il gonfalone del Comune di Firenze, era pronto ad accogliere le autorità civili, militari ed ecclesiastiche. Tutt’intorno, un battaglione in armi del Reggimento “Garibaldi” chiudeva la quinta. Una grande folla accorse per partecipare alla messa ed allo scoprimento della stele. Fra le autorità civili e militari presenti, oltre naturalmente al colonnello Ravnich comandante del Reggimento “Garibaldi”, segnaliamo l’avv. Bertola e il dott. Accatino (vice-prefetto) rappresentanti rispettivamente il sindaco Pieraccini ed il prefetto Paternò; il maggiore Hamilton per le forze armate alleate; il console statunitense, il console di Francia ed il vice-console del Regno Unito; il prof. on. Piero Calamandrei, rettore dell’Università di Firenze; rappresentanti dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra e dell’Associazione Nazionale Combattenti. Infine, a guidare i garibaldini, il maggiore Mario Menesini, presidente regionale per la Toscana dell’ANRG e Pio Dal Fiume (alias Libero Concetto) per il Patronato Nazionale di Assistenza ai Grandi Invalidi (ma a quel tempo era anche direttore de “La Voce Garibaldina”). Alle 9.30 ebbe inizio la celebrazione eucaristica, officiata dai cappellani militari mons. Carlo Nardi, rev. padre Leone Prandoni e don Secondo Contigiani, accompagnata dalla musica della banda reggimentale. Al termine della messa, le autorità e la folla presente si trasferirono nel Quadrato dei garibaldini, dove giaceva (in attesa della sua collocazione definitiva) la stele «Ai Garibaldini caduti in Balcania». Mentre mons. Nardi procedeva alla benedizione, il tricolore della neonata Repubblica (che soltanto da pochi giorni aveva sostituito il vecchio vessillo con lo stemma sabaudo) fu innalzato al cielo sulle note dell’Inno di Garibaldi. A conclusione della mattinata, Menesini affermò che «A cura dell’Associazione Nazionale Reduci Garibaldini – della quale sono entrati a far parte i reduci della gloriosa Divisione Italiana Partigiana Garibaldi, che simbolicamente hanno combattuto in camicia rossa nel fatidico nome di Giuseppe Garibaldi e sono perciò i diretti eredi della pura tradizione garibaldina – è stato eretto questo monumento, che vuol ricordare, sia pure modestamente, i gloriosi caduti garibaldini in terra balcanica. Questi giovani, che non si vollero arrendere, combatterono soffrendo fame, freddo, malattie contro un nemico ben equipaggiato, ben agguerrito; caddero in terra straniera da Italiani. Questo monumento ricorda a tutti il loro sacrificio: colui che li comandò ed i compagni mai lo dimenticheranno. Madri, spose, sorelle, reduci garibaldini! Compite per il giorno dei morti un mesto pellegrinaggio a questo quadrato, che ricorda le camicie rosse cadute in tutte le guerre; e deponete un fiore su questo marmo, che rappresenta la comune tomba di diciottomila giovani eroi caduti combattendo in nome della libertà, nel nome santo d’Italia». Da quel giorno, il 2 novembre – e quindi il 2 dicembre, in occasione dell’anniversario della costituzione della Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi”, nonché per altre date salienti del calendario garibaldino – si sarebbe ripetuto quel pellegrinaggio al Quadrato e al Monumento, simboleggiante «il sacrificio, l’olocausto di tutti i garibaldini italiani caduti in Italia e all’estero per la Patria, per la libertà e per la civiltà democratica del mondo» (così “La Voce Garibaldina” in occasione del 2 novembre 1947).
Gli ultimi ritocchi al monumento si ebbero pochi anni dopo, nel 1952: al marmista Dario Gatti furono commissionate dalla sezione toscana dell’ANVRG quattro colonnine in marmo da porre agli angoli del basamento, allo scopo di sostenere una catena di recinzione che sarebbe stata fornita gratuitamente dal comando militare territoriale di Firenze. Lo stesso Gatti scolpì una fiamma in marmo che fu posta alla base della stele.
Un avvenimento molto significativo avvenne all’ombra del monumento di Trespiano qualche anno dopo la sua inaugurazione. Già in occasione del rimpatrio dei partigiani garibaldini in Italia, che avvenne tra il marzo e l’aprile 1945, il Comitato di Assistenza fiorentino per la Divisione “Garibaldi” sottolineava, in una nota a loro diretta, la volontà di ricordare «insieme a voi […] i compagni che caddero affinché voi poteste vincere, i compagni che riposano in quell’infida terra, che il loro sangue ci ha reso ormai sacra: essi giacciono inconfortati sotto una piccola croce di legno, coperti da una terra che giustamente odiarono. La Patria vi acclama e le vostre case vi attendono, ma non dimenticate coloro che non possono tornare più: impegnamoci tutti a lottare, affinché i loro resti possano un giorno riposare nell’abbraccio della terra che li vide nascere, che vide gli spensierati giuochi della loro fanciullezza, la terra d’Italia!». Sei anni dopo, nella primavera del 1951, una missione del Comitato Assistenza Ricerche e Rientro Salme Partigiani Caduti in Jugoslavia, patrocinato dall’ANVRG, aveva portato alla localizzazione ed estumulazione delle prime trenta salme di partigiani italiani morti nei Balcani. Esse furono solennemente salutate a Torino, Milano, Firenze e Roma, da dove poi partirono per le rispettive destinazioni finali. A Firenze giunsero le spoglie di cinque partigiani: tenente Vittorio Barbieri, caporale Mario Fani (Pratovecchio, Arezzo, 1914 – 1944), soldato Elvio Muzzi (Roccastrada, Grosseto, 1922 – 1944), soldato Davide Rampetti (Orvieto, Terni, 1915 – 1944), artigliere Bramante Vagheggini (Siena, 1910 – 1944). Esse furono accolte con una solenne cerimonia che si svolse il 6 maggio 1951 dinanzi al monumento «Ai Garibaldini caduti in Balcania», dove le bare vennero benedette al termine di una messa al campo prima di essere portate in corteo per le strade della città.
L’importanza della stele di Trespiano risiede nell’assoluta rarità sul territorio nazionale di monumenti o memoriali collettivi dedicati alla Resistenza italiana all’estero, e nel corso degli anni – a partire proprio da questa iniziativa del 1946 – ne sarebbero stati inaugurati ben pochi. Sono soltanto cinque quelli legati all’esperienza della “Garibaldi”, compreso quello di Trespiano: tutti diversi fra loro, nella natura, nei luoghi in cui sorgono, nel momento storico in cui furono pensati, voluti ed inaugurati. Tutti però sono egualmente significativi. Nel 1978 fu consacrata alla memoria della Divisione la chiesetta della Madonna della Neve presso il Passo Forcora (Val Veddasca), nel territorio di quello che è oggi il Comune di Maccagno con Pino e Veddasca (Varese). Tre anni dopo, il 9 settembre 1981, per cura della Federazione regionale emiliano-romagnola dell’ANVRG fu murata sulla facciata di Palazzo Re Enzo a Bologna (piazza del Nettuno 1C) una lapide che recita: «Bologna / Nella continuità della tradizione garibaldina / per la libertà dei popoli / ricorda l’epopea / della / Divisione Italiana Partigiana Garibaldi / – unità dell’Esercito Italiano – / Montenegro – YU – 1943-1944-1945». In essa risalta la volontà di rimarcare il legame della Divisione con l’Esercito del Regno del Sud, al quale formalmente ancora apparteneva in qualità di Grande Unità: in sostanza però, essa era stata riorganizzata proprio per adattarsi sia alle caratteristiche della guerriglia nell’aspro territorio balcanico, sia all’organizzazione dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo da cui effettivamente dipendeva. Il 12 giugno 1988, invece, il consiglio comunale di Montevarchi (Arezzo) dedicò i giardini di viale Matteotti «alla / Divisione Partigiana / Garibaldi / che in Jugoslavia combattè / dal sett. 1943 al marzo 1945 / per la libertà dei popoli». Infine, nel quartiere pistoiese “Le Fornaci”, fu inaugurato il 25 aprile 1992 un monumento dedicato «Ai / Pistoiesi / della / Divisione / Italiana / Partigiana / Garibaldi / Jugoslavia / 8 9 1945 [-] 8 3 1945». In questo caso la seconda data, a differenza di quella di Trespiano – che pone come termine dell’impegno partigiano la conclusione della Seconda guerra mondiale in Europa – indica l’inizio delle operazioni di rimpatrio del reparto dal territorio balcanico.
Andrea Spicciarelli
FONTI e BIBLIOGRAFIA: L. Mannucci, Presentazione a I gloriosi caduti della «Garibaldi», “Quaderni di «Camicia Rossa»”, Firenze, Nuova Cesat coop [2001], pp. 3-4; G. Mazzini, Dei doveri dell’uomo. Fede e avvenire, a cura di P. Rossi, Milano, Mursia 2011, p. 73; S. Morachioli, Monumenti alla Resistenza in Toscana. Appunti per una ricerca in Luoghi e simboli della memoria. Le piazze della Toscana nell’Italia unita, a cura di P. L. Ballini e R. P. Coppini, Firenze, Edizioni dell’Assemblea 2015, pp. 325-330; G. Salvagnini, Un secolo di scultura fiorentina sul colle di Trespiano, “Libero. Ricerche sulla scultura del primo Novecento”, n. 8 (autunno 1996), p. 28; Passo Forcora in “Camicia Rossa. Periodico dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini”, n. 2 (maggio-ottobre 2020), p. 24; Oblatori pro monumento ai Caduti Garibaldini in “Divisione Italiana Part. “Garibaldi”. Bollettino d’informazioni edito a cura dell’Ufficio Storico-Statistico”, anno II, n. 2 (1947); Garibaldini! in “La Voce Garibaldina. Organo dell’Associazione Nazionale Reduci Garibaldini” (30 ottobre 1946), p. 1; a.c.b., I Reduci Garibaldini onorano i loro Caduti. L’inaugurazione del monumento commemorativo in “La Voce Garibaldina” (15 novembre 1946), p. 1; Oblatori pro monumento ai Caduti garibaldini in “La Voce Garibaldina” (15-30 giugno 1947); Cronache Garibaldine. Celebrazione del 2 novembre a Trespiano in “La Voce Garibaldina” (1-30 ottobre 1947); Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini – sezione di Firenze: fasc. “Divisione Italiana Partigiana Garibaldi”; b. “1945”, fasc. “Varie e Diploma”, fasc. “Propaganda. Stampa, messaggi e varie”, fasc. “Atti”; b. “1946-1947-1948”, fasc. “Corrispondenza 1946-1947”; b. “1950-1951-1952”, fasc. “Associazione Garibaldini”, fasc. “Corrispondenza 1950-51”. In merito al monumento di Pistoia si rimanda anche allo scenario “Monumenti” del portale della Federazione Regionale Toscana delle Associazioni Antifasciste e della Resistenza https://www.resistenzatoscana.org/monumenti/; sul monumento “Cararia” di E. Nelli si veda la scheda Alberto Meschi al link https://www.bfscollezionidigitali.org/oggetti/17963-alberto-meschi/; sulla stele di Montevarchi si invita alla consultazione del database “Pietre della memoria. Il segno della storia” al link https://www.pietredellamemoria.it/ [ultimo accesso: 2 agosto 2021]. Scheda redatta il 2 agosto 2021.